La battaglia del 1848
Per battaglia di Custoza si intende una serie di scontri combattuti tra il 22 e il 27 luglio 1848, durante la prima guerra di indipendenza italiana, tra le truppe del Regno di Sardegna, guidate da re Carlo Alberto di Savoia, e quelle dell’Impero Austriaco, comandate dal maresciallo Josef Radetzky. La battaglia, vinta dagli austriaci, fu un evento decisivo poiché determinò la ritirata fino a Milano dell’esercito piemontese che dovette così abbandonare i territori conquistati durante la fase iniziale della guerra.
La battagia del 1866
Il contesto è quello della Terza Guerra d’Indipendenza che vede il neonato Regno d’Italia, ancora una volta di fronte all’Impero d’Austria. Le forze in campo rivelavano una netta superiorità delle truppe italiane, divise in due armate, quella del Mincio e quella del Po, guidate rispettivamente dai generali La Marmora e Cialdini. Tuttavia le forze italiane dimostrarono minore addestramento e coesione; l’esercito italiano, del resto, era nato da pochi anni.
In aggiunta anche i preparativi della battaglia furono sbagliati in molti dei loro aspetti e soprattutto la rivalità tra i due generali, fu la causa della disfatta. Cialdini aveva un piano che anche i prussiani, alleati dell’Italia, giudicavano più brillante di quello di La Marmora: egli avrebbe voluto invadere il Veneto dal basso Po e puntare poi su Padova e Vicenza, in modo da isolare sul versante orientale il Quadrilatero, perno delle difese austriache. Di tutt’altro avviso La Marmora il quale voleva che Cialdini si occupasse solo di distogliere truppe dal quadrilatero mentre lui lo attaccava direttamente. La Marmora riuscì ad avere il comando supremo delle due armate, lasciando però a Cialdini, il comando di ben 8 divisioni sulle 20 totali, divisioni che, altro errore, Cialdini poteva dirigere a suo piacimento. Dunque, esercito diviso e guidato da due generali non coordinati tra loro, con visioni strategiche opposte e, inoltre, anche acerrimi rivali.
L’arciduca Alberto, che comandava le truppe austriache, decise di non arroccarsi e diede ordine di facilitare l’avanzata italiana verso di lui, lasciando intatti i ponti sul Mincio, che gli italiani varcarono il 24 giugno e per portarsi verso l’Adige data l’insperata l’inattività del nemico. La marcia fu eccessivamente veloce e le truppe arrivarono esauste, mentre i servizi logistici non erano riusciti a tenere il passo, così che, alla linea di fuoco, i soldati italiani arrivarono sfiniti e affamati.
Lo scontro che si produsse quando gli austriaci si fecero sotto fu di grande intensità, a causa delle manovre sbagliate: l’ala sinistra dello schieramento italiano andò in pezzi dopo poche ore, mentre l’ala destra resse, grazie alla resistenza eroica e generosa, dei Granatieri di Sardegna e dei Granatieri di Lombardia, i quali però, quando lo schieramento italiano iniziò a ripiegare, dovettero fare altrettanto. La ritirata fu ordinata, e il terreno fu ceduto palmo a palmo, alle 7 di sera gli austriaci presero Custoza.
Ai soldati italiani, in questa battaglia, viene universalmente riconosciuto grande valore, penalizzati però, dalla sfortuna di non essere adeguatamente comandati dai comandi superiori. Più efficienti furono invece quelli intermedi, si può osservare infatti, che la ritirata ebbe un buon esito molto probabilmente perché i comandi superiori, scossi dalla sconfitta, non se ne occuparono adeguatamente, permettendo ai comandi inferiori di prendere l’iniziativa.
La battaglia di Custoza era persa, ma la guerra fu vinta grazie a successive vittorie italiane e alle armi prussiane che, a nord, travolsero l’esercito imperiale e lo costrinsero alla resa nonché a cedere ai propri alleati mediterranei, (il Veneto.